TORINO – Recentemente pubblicato per i tipi dell’IPSOA un importante report sugli effetti dei processi di dismissione dell’amianto. Il report è frutto della ricerca di un qualificato gruppo di lavoro composto da Fulvio Cavariani del Centro Regionale Amianto Lazio, Stefano Silvestri delI’ Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica della Regione Toscana, Mariano Alessi della Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute, Orietta Sala del Centro Regionale Amianto ARPA Emilia Romagna e Benedetto Terracini del Centro Prevenzione Oncologica, Regione Piemonte e Università di Torino.
Il problema delle morti per amianto è ben lungi dall’essere risolto.
E’ dal 1994 che l’uso diretto dell’amianto è vietato. La fabbrica dell’Eternit è chiusa dal 1986, dopo il fallimento, e le altre società del settore hanno dismesso la produzione di amianto al più tardi nel 1992.
Eppure il Terzo rapporto Ispesl e del Registro nazionale dei mesoteliomi continua contare i casi di decesso per mesotelioma, il tumore ai polmoni causato dall’inalazione di fibre di amianto.
Nel rapporto è il Piemonte la regione che conta il più alto numero di morti e questo potrebbe non stupire dato che Casale Monferrato, sede della fabbrica Eternit è situato in quella regione.
Negli anni ai lavoratori che si sono ammalati nella fabbrica, si sono aggiunti i familiari, prime fra tutte le mogli che venivano a contatto con le particelle del materiale lavando gli indumenti dei mariti, o gli abitanti del paese esposti a inquinamento ambientale dato da particelle di amianto liberate nell’aria provenienti dalla fabbrica o dalla cava. Tragico l’episodio della morte in giovane età del figlio del custode della cava amiantifera di Balangero, la più grande cava di amianto in Europa.
Oggi la situazione si sta modificando. Leggendo con più attenzione i dati del rapporto ci si accorge che in realtà i decessi non sono più imputabili alla produzione di manufatti con cemento-amianto, né a fattori ambientali: oggi i decessi per la maggior parte riguardano i lavoratori nel settore dell’edilizia. Perché?
Perché questi lavoratori sono esposti all’altissimo rischio della dismissione dell’amianto. Le operazioni di bonifica degli ambienti contenenti amianto sono estremamente pericolose e troppo spesso eseguite con non sufficiente preparazione, cautela e protezione.
Benedetto Terracini, uno dei curatori del dossier avverte «L’uso industriale diretto dell’amianto è cessato completamente nel 1994. Continua quello indiretto del minerale ancora installato in edifici ed impianti, in matrice sia compatta sia friabile. Quest’ultima caratteristica lo rende potenzialmente più pericoloso per la maggiore facilità di diffusione delle fibre nell’aria e per la sua presenza tuttora rilevante nelle coibentazioni ancora in opera. Soprattutto in grandi impianti industriali e termici a servizio di processi produttivi, navi e traghetti, ma anche in edifici pubblici o di uso pubblico, come scuole, ospedali, teatri, palestre, grandi magazzini, chiese».
I dati pubblicati danno quindi nuove direzioni da seguire per tutelare efficacemente i lavoratori dall’esposizione a questo rischio che causa una delle più gravi e diffuse malattie professionali.