PARIGI – Andando verso il periodo più freddo dell’anno diventa necessario valutare anche i rischi aggiuntivi che il lavoro a basse temperature può causare ai lavoratori.
L’INRS, istituto francese per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, ha pubblicato un interessante dossier sulla materia.
Prima di tutto è bene chiarire: cosa vuol dire lavorare al freddo?
Non esistono parametri scientifici fissi per definire il freddo. La sensazione del freddo dipende da vari fattori, ma, in linea generale, si può definire lavoro al freddo quello svolto a temperature inferiori a 15° soprattutto se riguarda lavori sedentari e che implicano minimi movimenti; in queste condizioni la sensazione di disagio percepita dai lavoratori dipende dalle differenze individuali. Di contro, per lavori che si svolgono a temperature inferiori ai 5°, e in particolare per tutte operazioni svolte a temperature sotto lo zero, il rischio che il lavoratore corre è immediato, grave e da valutare con la massima attenzione.
La sensazione del freddo varia inoltre a seconda di una serie di fattori ambientali e di differenze di percezione individuali, per esempio può essere accentuata dal movimento dell’aria (vento freddo) o dal tasso d umidità.
In estrema sintesi può essere considerato un ambiente di lavoro freddo quello in cui la perdita termica è superiore a quella che si osserva abitualmente.
Che conseguenze per la salute può causare il lavoro in un ambiente freddo?
Anche per questo aspetto si rilevano molte varianti.
Alcuni danni sono direttamente provocati dall’esposizione al freddo, altri sono conseguenze indirette del lavoro in ambienti freddi. Tra queste ultime per esempio sono diffusissime in questo periodo dell’anno le cadute su ghiaccio o incidenti dovuti alla perdita di sensibilità provocata dal freddo.
I disturbi provocati direttamente dal’esposizione al freddo sono di carattere locale e generale.
A carattere locale il lavoro al freddo può provocare vari disturbi agli arti che vanno dalla semplice perdita di sensibilità a geloni.
A livello generale i rischi sono molto più gravi perché chi lavora al freddo è esposto a rischio ipotermia, un disturbo per cui l’individuo non è più in grado di regolare la sua temperatura interna e che può aver conseguenze drammatiche quali alterazioni dello stato di coscienza, coma e anche decesso.
Molto diffusi anche tra i lavoratori che lavorano a besse temperature i disturbi all’apparato muscoloscheletrico.
Quali sono le professioni più a rischio?
Le attività lavorative più rischiose riguardano:
- Lavori in locali mantenuti a basse temperature;
- Lavori effettuati all’esterno;
- Lavori effettuati in altitudine;
- Lavori effettuati in acque fredde.
Gli addetti alla preparazione, stoccaggio e trasporto di prodotti delle industrie agroalimentari lavorano in ambienti le cui temperature possono andare dai -20° ai 12°.
Questi lavoratori devono prendere tutte le precauzioni possibili per limitare l’esposizione al freddo intenso stabilendo opportuni turni di lavoro e adottando i necessari dispositivi di protezione personale.
Tecnici, muratori, agricoltori, trasportatori e molti altri si trovano a lavorare al’estero in inverno con temperature che possono toccare anche il sottozero. Inoltre per questi lavoratori sono esposti a ulteriori fattori di rischio ambientale quali la presenza di vento, pioggia, neve e ghiaccio. Questi lavoratori devono proteggersi adeguatamente attraverso capi di vestiario adatti che li tengano al caldo senza provocare una eccessiva sudorazione.
Chi deve lavorare a grandi altitudini (personale di impianti sciistici, manutentori, guide d’alta montagna, guardie di frontiera, ecc) oltre al’ipotermia deve proteggersi dall’ipossia, la carenza di ossigeno nel sangue data dalla rarefazione dello stesso nell’aria di alta montagna. L’organismo è quindi già debilitato dall’affrontare questo stress fisico ed ha minori energie per contrastare il freddo e mantenere la temperatura interna stabile.
L’organismo umano ha una bassissima capacità di sopravvivenza in acqua fredda. Basti pensare che un uomo può sopravvivere in acque calme alla temperatura di 18° per sole 4 ore circa. Chi lavora in acqua fredda (ad esempio soccorritori, sommozzatori, addetti alla riparazione manutenzioni di strutture sottomarine) deve quindi lavorare sotto strettissima sorveglianza, con protezioni idonee e per periodi di lavoro brevissimi.