ROMA – È dura la vita lavorativa di un insegnante. Il loro mestiere, anche se il rischio è largamente sottovalutato, è uno di quelli che espone maggiormente allo stress e alle sue conseguenze. Ad aggravare la situazione c’è il logorante periodo di precariato che spesso contraddistingue questa carriera: infatti, non è certo semplice tenere calmo un gruppo di 20 o più adolescenti, catturare la loro attenzione, far fronte a comportamenti che possono essere imprevedibili, relazionarsi con i genitori e i colleghi.
Nonostante ciò la categoria dei dirigenti scolastici è una di quelle maggiormente in ritardo nell’adempimento dell’obbligo di valutare lo stress lavoro correlato, come impone l’art .28 del D.lgs n. 81/2008.
Teoricamente dovevano anche loro, entro la fine del 2010, preparare il documento di valutazione del rischio stress lavoro correlato per i propri dipendenti ma, stando a quanto recentemente dichiarato da Vittorio Lodolo D’Oria, medico milanese tra i maggiori esperti italiani di bornout, solo una percentuale irrisoria di scuole ha assolto a questo obbligo. Sarebbero circa 140, su un totale di 10.400 scuole italiane, quelle che hanno almeno chiesto cosa avrebbero dovuto fare per compilare il documento: quante poi su queste 140 lo abbiano effettivamente presentato non è ancora dato saperlo.
Eppure sembra proprio che il disagio mentale tra questa categoria sia particolarmente elevato, anche in ragione stessa della sua composizione. Età e genere dei lavoratori sono, infatti, due elementi che il datore di lavoro deve tenere in considerazione nel valutare il rischio: la categoria degli insegnanti sembra proprio avere delle caratteristiche tali da renderla più esposta. Basti pensare che oltre l’80 per cento dei docenti sono donne – più predisposte allo stress, anche per il loro doppio ruolo di lavoratrici in casa e fuori casa – e che la metà ha un’età che si aggira intorno ai 50 anni, non anziani ma nemmeno più giovanissimi, molte alle prese con le difficoltà della menopausa. Secondo un’indagine svolta nel 2009 su 2.186 docenti di diversi istituti italiani, provenienti da 12 regioni, circa 3 intervistati su 4 hanno dichiarato che lo stress presente nella loro vita deriva prevalentemente dall’attività lavorativa, più dunque che dalla gestione familiare, e circa un terzo ha dichiarato di aver subito nel corso della propria carriera almeno un’azione di mobbing.
I rapporti più difficili sarebbero certamente quelli con gli studenti seguiti da quelli con i loro genitori, mentre assai più sereno sembra il rapporto con colleghi. Facendo una proiezioni su larga scala – come afferma il dottor Lodolo D’Oria in una sua recente intervista – “al momento nelle scuole italiane lavorano circa 10mila docenti psicotici e 100mila con problemi psicologici meno gravi, che nella larghissima maggioranza dei casi rimangono al loro posto” mentre dei casi più gravi, che possono anche sfociare in reazioni incontrollate verso gli studenti, a volte ci informa la cronaca. Spesso rimaniamo stupiti, vista anche una certa opinione comune secondo la quale i docenti, per il numero ridotto di ore di lavoro e per la lunga pausa estiva di cui godono, sarebbero una classe privilegiata.
La speranza è che, anche se con ritardo, grazie all’obbligo introdotto dal Testo Unico 81 si cominci a valutare in maniera più seria il rischio stress nelle scuole e che vengano di conseguenza prese delle misure di prevenzione, magari anche informando in maniera maggiore i medici e inducendoli a prendere in considerazione il particolare lavoro svolto dai loro assisiti.